
Still-face digitale: Cosa succede ai bambini quando i genitori sono distratti dal telefono? – Riflessioni per lo Sconnessi Day 2025
Sconnessi Day è la giornata che ci invita a prenderci una pausa dalla tecnologia, spegnendo tutti i dispositivi per un’ora, dalle 20:30 alle 21:30, per riscoprire la qualità del tempo passato con le persone e con noi stessi. Questa iniziativa nasce nel 2018 con l’intento di sensibilizzare le persone su un uso consapevole della tecnologia nella nostra quotidianità e sugli effetti dell’iper-connessione sulle relazioni sociali. Il nostro benessere psicologico oggi viene sempre più influenzato da fenomeni ormai diffusi, quali la nomofobia, il phubbing e la technoference.
Innanzitutto, è importante orientarsi tra le parole:
- Phubbing (da phone + snubbing, ignorare con il telefono): indica il comportamento di trascurare le persone accanto per controllare il telefono. È diventato un’abitudine diffusa in ogni contesto: dalle cene in famiglia alle riunioni di lavoro, fino ai momenti di coppia. Questo atteggiamento mina la qualità delle relazioni, riducendo la connessione emotiva con gli altri.
- Nomofobia (no mobile phone phobia): è la paura incontrollata di rimanere senza smartphone o senza accesso a Internet. Può generare ansia, stress e un forte disagio quando il telefono è scarico, fuori dalla portata o privo di segnale. Alcuni studi dimostrano che sempre più persone sperimentano sintomi simili a quelli dell’astinenza quando non possono usare i propri dispositivi.
- Technoference (technology + interference): si riferisce all’interferenza della tecnologia nelle relazioni e nelle attività quotidiane. Quando il controllo compulsivo delle notifiche interrompe momenti importanti e crea una distanza emotiva dagli altri.
Negli ultimi anni, il dibattito sull’uso della tecnologia si è concentrato soprattutto sui suoi effetti sulla salute mentale di bambini e adolescenti. Tuttavia, è fondamentale estendere il focus dell’attenzione anche ai genitori e alle influenze dell’iper-connessione sulla relazione con i figli.
La crescente intrusione della tecnologia nella vita quotidiana, infatti, sta riducendo progressivamente le occasioni di connessione autentica e sintonizzazione reciproca, influenzando il benessere emotivo e relazionale dei bambini.
Da alcune ricerche è emerso come l’abitudine a controllare frequentemente il telefono può ridurre sia la quantità che la qualità del tempo trascorso con il bambino, rendendo il genitore meno reattivo ai suoi segnali e meno capace di rispondere in modo adeguato alle sue esigenze emotive (Radesky et al., 2015; Vanden Abeele et al., 2020). Inoltre, è stato osservato che quando i genitori sono assorbiti da uno schermo (smartphone, pc, tablet), tendono a prestare meno attenzione alle espressioni emotive del bambino, compromettendo la comunicazione e la sintonizzazione affettiva. È interessante sottolineare come non sia solo la frequenza d’uso dei dispositivi tecnologici a incidere negativamente sull’interazione, ma soprattutto il livello di coinvolgimento: chi si immerge completamente nel dispositivo sembra essere assorbito e meno disponibile e presente nei momenti di scambio con il figlio. Questo suggerisce che non basta limitare il numero di volte in cui si prende in mano il telefono, ma è fondamentale essere consapevoli di quanto tempo si trascorre realmente con lo sguardo rivolto allo schermo e di come questo possa influenzare la qualità dell’interazione con il proprio figlio.
Perché la continuità nell’interazione tra genitore e bambino è così importante?
Per comprendere meglio gli effetti della Technoference sulla sensibilità genitoriale è necessario ricordare che i bambini, fin dai primi giorni di vita, hanno bisogno della presenza fisica del caregiver, ma soprattutto della sua attenzione attiva e coinvolgente (anche attraverso segnali non verbali come il contatto visivo), che permette loro di sentirsi rispecchiati e di regolare le emozioni.
Edward Tronick ha evidenziato come questa interazione sia un processo dinamico e reciproco, essenziale per il benessere emotivo e lo sviluppo del bambino. Secondo la sua prospettiva caregiver e bambino non sono entità separate, ma partecipano a un sistema interdipendente di comunicazione e regolazione. La relazione segue un ciclo naturale di sintonizzazione, rottura e riparazione, attraverso il quale il bambino impara a gestire le proprie emozioni e a sviluppare aspettative sulle relazioni affettive.
Uno degli strumenti sperimentali più significativi per studiare questa dinamica è il paradigma dello Still-Face (volto immobile), elaborato da Tronick negli anni ‘70. In questo esperimento inizialmente il genitore interagisce normalmente con il bambino, rispondendo ai suoi segnali affettivi con sorrisi, vocalizzazioni e contatto visivo. A un certo punto, però, il genitore sospende improvvisamente ogni espressione e interazione, assumendo un volto immobile e neutro. Il bambino, abituato a una comunicazione attiva e ricettiva, cerca di ristabilire il contatto attraverso gesti e vocalizzazioni. Quando questi tentativi falliscono, si manifesta un progressivo aumento del disagio, con espressioni di frustrazione, agitazione o, in alcuni casi, ritiro emotivo. Nel momento in cui il genitore riprende l’interazione, il bambino mostra sollievo, ma il ritorno alla normalità non è immediato. Spesso, infatti, i piccoli mantengono un atteggiamento incerto, a testimonianza del forte impatto emotivo della temporanea disconnessione.
Questo esperimento ha messo in luce come anche brevi interruzioni della reciprocità e sensibilità genitoriale possano alterare la regolazione emotiva del bambino, un effetto particolarmente evidente nelle interazioni con la madre. Inoltre, studi successivi hanno evidenziato che una ripetuta mancanza di responsività da parte del caregiver – come può accadere nei casi di depressione materna o quando un genitore è assorbito da memorie traumatiche non elaborate – può influenzare negativamente lo sviluppo socio-emotivo del bambino.
Un aspetto chiave emerso dal paradigma dello Still-Face è il ruolo della riparazione nella relazione. Quando il genitore, dopo una rottura, ristabilisce il contatto emotivo con il bambino, lo aiuta a comprendere che le disconnessioni nelle relazioni sono momentanee e superabili, sviluppando fiducia nelle relazioni. Perché questo processo sia efficace, il genitore deve essere in grado di monitorare e modulare il proprio stato emotivo, evitando eccessi di stimolazione che potrebbero agitare il bambino o, al contrario, un’interazione troppo passiva che potrebbe ridurre la qualità dello scambio affettivo. In sintesi, il lavoro di Tronick dimostra che la sintonizzazione emotiva tra caregiver e bambino è essenziale per la costruzione di un attaccamento sicuro e per lo sviluppo delle competenze emotive e relazionali del bambino. L’interazione non deve essere perfetta, ma deve seguire un equilibrio tra rottura e riparazione, insegnando al bambino che le difficoltà relazionali possono essere affrontate e superate.
Le distrazioni tecnologiche possono creare interruzioni della sintonizzazione genitore-bambino
Recentemente (Stockdale et al., 2020) è stato condotto negli Stati Uniti uno studio su 227 diadi genitore-bambino, sottoponendole a una versione modificata del paradigma dello Still-Face, in cui il genitore utilizzava uno smartphone durante la fase di interruzione dell’interazione. Sono state osservate quindi le influenze di tale distrazione digitale sul comportamento e la regolazione emotiva del bambino. I risultati hanno confermato la presenza di un effetto Still-face: durante la fase di distrazione genitoriale i bambini manifestavano più emozioni negative e un aumento di comportamenti di auto-consolazione e tentativi di fuga. Quando il genitore riprendeva l’interazione, molti bambini non riuscivano a tornare immediatamente ai livelli emotivi di base, a dimostrazione che l’interruzione aveva avuto un impatto prolungato sul loro stato emotivo.
Un altro aspetto interessante emerso è che i bambini esposti più frequentemente alla technoference sembravano reagire con una minore intensità emotiva alla fase di interruzione, suggerendo la possibilità di un processo di progressiva abituazione all’uso dello smartphone da parte del genitore.
Similmente un altro studio, condotto in Norvegia (Tidemann e Melinder, 2022), ha esaminato in che modo le interruzioni dell’interazione genitore-bambino, causate dall’attenzione rivolta ai dispositivi digitali, possano influenzare il comportamento infantile. I ricercatori hanno utilizzato una versione modificata del paradigma dello Still-Face.
I risultati hanno evidenziato che, quando il genitore smetteva di interagire con il bambino per concentrarsi sul telefono, quest’ultimo manifestava più segni di disagio, tra cui frustrazione, protesta e un calo dell’engagement positivo. Anche dopo che l’interazione veniva ripristinata, i bambini non tornavano immediatamente al loro stato iniziale, segno che l’interruzione aveva avuto un impatto sulla loro esperienza emotiva. Uno degli aspetti più interessanti emersi dallo studio è che l’età del bambino non sembra fare una grande differenza nella reazione all’interruzione: i bambini di 6, 9 e 12 mesi hanno mostrato risposte molto simili alla distrazione del genitore. Questo suggerisce che la sensibilità alle interazioni interrotte è presente fin dai primi mesi di vita e non è necessariamente legata alla maturazione delle capacità di autoregolazione emotiva.
Lo studio solleva un punto cruciale per la genitorialità moderna: anche poche distrazioni possono alterare la qualità del legame affettivo tra genitore e bambino. In un mondo in cui gli smartphone sono parte integrante della vita quotidiana, diventa fondamentale chiedersi quanto e quando li usiamo in presenza dei figli.
Se da un lato alcuni studi riconoscono che i dispositivi digitali possano rappresentare per i genitori un momento di sollievo dallo stress della quotidianità, dall’altro è chiaro che un utilizzo eccessivo o nei momenti in cui sarebbe necessario un coinvolgimento attivo può ridurre la qualità della relazione e limitare le opportunità di apprendimento sociale per il bambino. Per questo, è importante adottare strategie di gestione consapevole del tempo di utilizzo dello smartphone, ponendo attenzione a evitare le interruzioni nei momenti chiave dell’interazione, come durante il gioco, i pasti o la messa a letto. Inoltre è opportuno diventare sempre più consapevoli della propria attenzione e dei comportamenti di phubbing, monitorando i segnali inviati al bambino quando si utilizza un dispositivo.
Ritrovare un equilibrio tra connessione digitale e connessione umana non significa eliminare del tutto la tecnologia, ma imparare a usarla in modo più consapevole, affinché non interferisca con le relazioni più importanti della nostra vita.
Bibliografia
- Radesky, J. S., Schumacher, J., & Zuckerman, B. (2015). Mobile and interactive media use by young children: the good, the bad, and the unknown. Pediatrics, 135(1), 1-3.
- Stockdale, L. A., Porter, C. L., Coyne, S. M., Essig, L. W., Booth, M., Keenan‐Kroff, S., & Schvaneveldt, E. (2020). Infants’ response to a mobile phone modified still‐face paradigm: Links to maternal behaviors and beliefs regarding technoference. Infancy, 25(5), 571-592.
- Tidemann, I. T., & Melinder, A. M. (2022). Infant behavioural effects of smartphone interrupted parent‐infant interaction. British Journal of Developmental Psychology, 40(3), 384-397.
- Tronick EZ, Als H, Adamson L, Wise S, Brazelton TB. (1978). The infant’s response to entrapment between contradictory messages in face-to-face interaction. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 17, 1–13.
- Vanden Abeele, M. M., Abels, M., & Hendrickson, A. T. (2020). Are parents less responsive to young children when they are on their phones? A systematic naturalistic observation study. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 23(6), 363-370.