PAGELLE SCOLASTICHE: TRA GIOIE E DOLORI, ALCUNE RIFLESSIONI DOVEROSE
Con la fine dell’anno accademico, come da 250 anni a questa parte, eccoci ancora a parlare di pagelle di valutazioni, perché sì – sembrerà strano – ma le schede di giudizio non sono sempre esistite ma sono state introdotte nel sistema scolastico nel 1774 dalla riforma delle scuole di base austro-ungariche, con la duplice funzione di attestare/certificare la frequenza del discente e, dall’altro lato, stimolarlo al miglioramento.
Su quest’ultimo aspetto, però, ad oggi si potrebbero aprire veramente molteplici quesiti di natura psico-pedagogica: siamo veramente certi che la pressione indotta da una votazione bassa sia un buon movente per stimolare un miglior apprendimento? E siamo certi che avvalerci ancora di uno “strumento” scolastico nato alla fine del Settecento, seppur con infinite modiche nel corso del tempo, sia ancora utile e necessario e non forse un po’ anacronistico?
Già dalla metà dello scorso secolo, Mario Lodi (educatore, insegnate e scrittore che credeva nell’unicità dei bimbi e nell’importanza della collaborazione tra insegnanti e genitori) dichiarò:
“La scuola la vorrei senza pagelle e con tante cordiali chiacchierate coi genitori, perché, alla fine, invece di una bella pagella, si abbia un bel ragazzo, cioè un ragazzo libero, sincero, migliore comunque.”
Mario Lodi, maestro speciale che fu tra i promotori della moderna pedagogia, più attenta alla formazione anche emotiva del bambino, infatti, aveva già chiaro che verifiche, interrogazioni e valutazioni della performance in generale sono più spesso causa di fatiche, incomprensioni e demotivazione allo studio, piuttosto che elementi utili al processo di apprendimento.
Quel che è certo, oggi, è che gli studi degli psicoterapeuti sono pieni di pazienti, soprattutto adolescenti, che vivono molto male il momento della valutazione e di adulti che ricordano angosciosamente alcuni momenti di valutazione ufficiale: è noto, per esempio, l’incubo ricorrente e collettivo di dover rifare gli esami di maturità. E la cronaca nera, ciclicamente, riporta notizie di giovani studenti suicidi a seguito del fallimento scolastico.
Quindi, per quel che se ne dica, ad oggi, la pagella rappresenta per i bambini e i ragazzi una VALUTAZIONE ESTERNA UFFICIALE (alias, un giudizio) che “pesa” sulla costruzione della loro IDENTITA’ PERSONALE. Le reazioni possano essere diverse (dall’orgoglio, alla vergogna, dalla soddisfazione alla delusione), ma è certo che la consegna delle pagelle è – volente o nolente – un momento di grande impatto emotivo per tutti, alunni e genitori. Il vissuto che ogni giudizio porta con sé, infatti, non può che risentire delle ASPETTATIVE, sia degli studenti che dei genitori ma anche degli insegnati stessi.
In un mondo ideale, le pagelle non dovrebbero portare ad alcune effetto sorpresa perché tutti (studenti e famiglie) dovrebbero già essere a conoscenza di com’è andato l’anno scolastico e il processo di apprendimento ma, realmente, soprattutto, nelle scuole secondarie di secondo grado non sempre è così e capita che alcuni adolescenti si trovino giudizi che non corrispondo alle loro aspettative, corsi di recupero inattesi o bocciature non annunciate.
Pertanto, ricordiamoci e ricordiamo ai ns ragazzi che:
- IL GIUDIZIO E’ SEMPRE QUALCOSA DI PARZIALE, ovvero solo la valutazione della performance in un determinato momento della vita, con tutte le variabili che essa comporta.
Nel corso dell’anno scolastico, nella vita dei discenti possono essere successe veramente tantissime cose belle o brutte che possono aver interferito con la dedizione allo studio e le possibilità di apprendimento. È impensabile che momenti di vita familiare faticosi, per esempio, non abbiano ripercussioni sul rendimento (malattie, lutti, separazioni o licenziamenti dei genitori sono solo alcune delle variabili che non si possono non tenere in considerazione).
- DIAMO VALORE AL PROCESSO E NON AL RISULTATO: è risaputo che se si riconduce tutto al risultato, si rischia di compromettere l’apprendimento effettivo delle nozioni perché si memorizza e si costruisce realmente il proprio bagaglio culturale che resta nel tempo solo se si sperimenta piacere durante il processo… perché come diceva Albert Einsten: “l’arte suprema dell’insegnate è risvegliare la gioia della creatività e della conoscenza”.
- IL VOTO NON E’UN GIUDIZIO SUL BAMBINO, NE’ SUI SUOI GENITORI: avere 10 in pagella non significa valere 10, così come avere 4 non vuol dire valere 4.
Concludendo, allora, visto che non se non si può ancora fare a meno di dare votazioni dei processi di apprendimento nell’attuale sistema scolastico, utilizziamo anche la pagella come occasione di CRESCITA e CONFRONTO!
In qualita’ di genitori/adulti di riferimento:
- chiediamo, soprattutto ai pre-adolescenti e agli adolescenti, come si sentono dinnanzi alla pagella;
- empatizziamo con le loro delusioni e facciamoli sentire capiti e accolti anche in un eventuale fallimento …. e, se necessario, stimoliamo il problem solving per far sentire vicini sempre e comunque;
- celebriamo i successi, senza scivolare in eccessi di orgoglio e premiazioni che credere ai figli che tanto più performano bene tanto più li amiamo/stimiamo;
- affrontiamo i nostri fantasmi interni e non abbiamo paura di chiedere aiuto se giudizio sui nostri figli ci fa tremare o mettere eccessivamente in discussione.che siamo loro rischiano di far sentiamo che il