NON VOGLIO PIÙ FARE LO SPORT!!!
Le famiglie italiane introducono spesso i propri figli allo sport, creando una routine con almeno un’attività sportiva in cui coinvolgere il proprio figlio. Ma con il tempo le cose cambiano e quasi il 40% degli adolescenti italiani, nella fascia d’età 13-14 anni, non pratica alcuna attività sportiva.
Tra i principali motivi di abbandono troviamo le difficoltà legate al rapporto con l’organizzazione dell’attività praticata, il che richiederebbe di rivedere il modello organizzativo da parte degli adulti.
Mancanza di gioco
I piccoli e giovani atleti cercano il piacere, la gioia, il divertimento. Se li mettiamo nel contesto dove manca la componente ludica presto subentrerà la noia. Alcuni elementi che portano via l’aspetto ludico sono di natura tecnica come allenamenti con troppo tecnicismo, monotonia, ripetitività o prevalenza di obiettivi raggiungibili a lungo termine senza la possibilità di verificare nell’immediato le esperienze di successo. Altri elementi sono legati al clima di gruppo, allenatore e/o famiglia: eccessive richieste da parte degli adulti, svalutazione, umiliazione, mancata valorizzazione dei successi, bullismo.
L’agonismo esasperato
Nello sport si perde spesso o quasi sempre perciò si deve educare al fair play e rispetto alla sconfitta. La vittoria e la sconfitta non c’entrano nulla con il nostro valore ma sono la conseguenza di un esercizio o una gara eseguita male o contro avversari più forti. Non sentirsi all’altezza, guardare solo i numeri, il punteggio, lavorare solo sulla vittoria senza il divertimento o chiedere se si è felice, fa subentrare la noia e la fatica. Si perde di vista lo sport come una soddisfazione personale, che ci piace e dove possiamo migliorare le nostre competenze, fisiche e mentali. Se il metro del successo è essere sempre al top e non potersi permettere di non esserlo o di non vedere i miglioramenti, per il nostro istinto di sopravvivenza il cervello dice “fermati” o in alternativa ci si espone a delusione, umiliazioni, insicurezza che possono sfociare in disturbi depressivi e ansiosi, che talvolta vengono anche somatizzati.
Sport vs scuola
Negli Stati Uniti i risultati sportivi permettono ai giovani di iscriversi alle università più prestigiose. In Italia sono poche le scuole che vengono incontro ai giovani atleti agonistici e dall’altra parte lo sport spesso non tiene in considerazione gli impegni scolastici. Avere bei voti e anche svolgere diverse attività sportive risulta così molto difficile se non incompatibile. Dall’altra parte ancora in molte scuole elementari l’ora della motoria viene tolta per punizione e dall’ambito sportivo poco si parla di campioni che hanno finito bene il percorso degli studi, anche universitario.
L’infortunio
L’infortunio fa parte della normalità̀ dello sport. A tutti tocca in misura minore o maggiore di affrontarlo almeno una volta. Bisogna tenere conto che il corpo e la mente sono strettamente legate e che l’evento traumatico fisico può avere delle ricadute psicologiche importanti e viceversa. Dal punto di vista psicologico possiamo distinguere tre fasi legati all’infortunio: la fase acuta di post-infortunio, la fase di riabilitazione e la fase di ritorno allo sport, tutte e tre molto delicate e da tenere d’occhio anche dal punto di vista psicologico. Emozioni comuni possono essere rabbia, tristezza, senso di colpa, smarrimento, oltre che paura che non sarà possibile ritornare al livello atletico precedente o che l’infortunio comprometterà il normale funzionamento nella vita privata, di studio o nelle relazioni.
La letteratura di psicologia dello sport evidenzia come atleti infortunati possano sperimentare sintomi del disturbo da stress post-traumatico ad esempio ansia, depressione, impotenza, flashback, incubi. La terapia E.M.D.R. in questi casi consente un recupero più rapido ma applicata anche durante le prime settimane dall’infortunio può aiutare a prevenire lo sviluppo di sintomatologia postraumatica.
L’importante è tenere conto che gli effetti di un infortunio possano ricadere anche su altri membri della squadra o avversari che erano presenti durante l’infortunio o ne sono venuti a conoscenza.
Abbandono sportivo e genere
La percentuale di abbandono sportivo quando si tratta di genere sale dal 40% fino al 57% nel caso delle ragazze. Il corpo che fa lo sport comincia a crescere in anticipo rispetto ad una maturazione psichica. Esporsi davanti agli altri con un corpo a cui ci si deve abituare richiede un grande sforzo. Pensiamo solo all’ora di ginnastica e alla corsa con un seno che comincia a crescere. Spogliarsi davanti agli sguardi delle proprie compagne, pubblico, avversarie e subire eventuale body shaming porta a correre il più in fretta possibile a coprirsi. A volte questo si può tradurre in possibili disturbi del tono dell’umore, ansia o anche disturbi del comportamento alimentare.
Cosa fare per prevenire l’abbandono sportivo
- Cerchiamo di creare strutture sportive a scuola e impianti sportivi aperti in città
- far scegliere il tipo di sport ai piccoli e giovani, secondo loro desideri ed attitudini, non deve esserci nessun tipo di forzatura da parte degli adulti
- Non criticare, giudicare e, soprattutto, non minimizzare. Dire “vabbè dai alla prossima andrà meglio” o “dai, cosa vuoi che sia se ti ha urlato contro” o ancora “ma dai le prese in giro in spogliatoio le abbiamo passate tutti/e” toglie la possibilità di farci raccontare da piccoli e giovani atleti cosa sentono, pensano e come mai vogliono smettere. Intervenire là dove notiamo gli atteggiamenti di violenza psicologica o altri atteggiamenti prevaricatori.
- “Troppi compiti salto l’allenamento!”, “Ho fatto la gara nel weekend lunedì non vado a scuola!” Si può studiare ed allenarsi! Aiutiamoli ad organizzarsi meglio, gestire la giornata e impegni e rafforziamo la loro autostima facendogli capire che possono gestire tutto. Instauriamo il dialogo tra le famiglie, scuola e società per far sì che ci sia una maggiore collaborazione nell’organizzazione dei vari impegni che chiediamo agli atleti.
- è importante che gli allenatori non conoscano solo la tecnica ma sappiano gestire i piccoli e i giovani, possano comprenderli e accompagnarli con strategie adeguate nella crescita. Devono avere un ruolo educativo mantenendo sempre un clima positivo tra gli atleti. La formazione e la selezione degli allenatori comporta un investimento da parte delle società ma aumenta la preparazione sia tecnica che mentale dei giovani che sviluppano un attaccamento alla maglia che porta alla differenza sul campo. Si sa che una buona pubblicità porta a nuovi tesserati e/o tifosi!
- L’atleta deve divertirsi! Poi arriva il risultato.
- Si ostina a smettere? Diamogli tempo proponendogli di fare qualche lezione ancora e poi decidere se lasciare o riprendere più avanti