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Mamma e Papà si Separano: Come Comunicare con i Propri Figli?

MAMMA E PAPÀ SI SEPARANO: COME COMUNICARE CON I PROPRI FIGLI

I genitori fanno molta fatica a comunicare ai propri figli la decisone di separarsi; quindi, rischiano di dire le cose in modo confuso e, nel tentativo di diluire la loro sofferenza, omettono le informazioni o cercano di non nominare la parola “separazione”.

Quando le emozioni associate a questa delicata fase della vita non sono state ancora elaborate dai genitori, il coinvolgimento nell’elevata conflittualità e nella sofferenza può portarli involontariamente a trascurare i bisogni e le emozioni dei propri figli.

Può capitare che la comunicazione della separazione ai propri figli venga rimandata nel tempo o, al contrario, riferita impulsivamente. Nel primo caso, il rischio più grande è quello di incrinare il rapporto di fiducia genitore-figlio; nel secondo caso, si rischia di allarmare i figli, facendoli confrontare con contenuti non comprensibili ed emozioni troppo intense.


Partiamo quindi dai bisogni dei bambini e degli adolescenti…

  • Sapere cosa stia accadendo nel loro ambiente di riferimento, per non perdere il senso di sicurezza.
  • Conoscere quali cambiamenti ci saranno nella propria vita in seguito alla separazione.
  • Essere rassicurati sugli aspetti delle routine quotidiane che resteranno uguali
  • Avere uno spazio di ascolto per condividere i propri vissuti e fare domande.
  • Capire che “separarsi” non vuol dire “perdersi”.

 

Quali possono essere le reazioni dei bambini? Sono correlate all’età, al temperamento, alla presenza di risorse nel contesto familiare e/o sociale di riferimento. Tra le risposte più comuni:

  • Rabbia e aggressività: alcuni bambini e, soprattutto, alcuni adolescenti segnalano da subito la non accettazione della scelta genitoriale. In questi casi, è importante accoglierli, chiedere loro cosa provino, evitando punizioni che andrebbero a rinforzare un comportamento oppositivo e li farebbero sentire sbagliati. Dietro questa rabbia, però, non sempre c’è la non accettazione, ma spesso ci sono il dolore o la vergogna.
  • Vergogna: bambini e adolescenti, a volte, possono soffrire più per gli aspetti sociali della separazione che non per la separazione in sé, ma la vergogna a volte è difficile da individuare e può nascondersi dietro la rabbia. I sentimenti di diversità e inadeguatezza rispetto alle situazioni familiari dei coetanei possono alimentare comportamenti problematici o tendenza ad isolarsi.
  • Tristezza: un calo dell’umore temporaneo può essere fisiologico, per cui i bambini potrebbero manifestare crisi di pianto e mutismo e gli adolescenti crisi di rabbia o chiusura in sé stessi. In questi casi, il dialogo potrebbe non essere da subito la strategia più funzionale alla comunicazione, ma è importante che il bambino o l’adolescente percepisca la vicinanza affettiva e la disponibilità all’ascolto; nel momento in cui si sentirà pronto a comunicare potrebbe farlo anche attraverso il disegno, il gioco, la lettura e invenzione di storie o la scrittura.
  • Somatizzazione e regressione: queste reazioni sono frequenti in età prescolare e consistono, rispettivamente, nello sviluppo di malesseri fisici e nella perdita di tappe di sviluppo precedentemente acquisite. In questi casi, per esempio, il mal di pancia prima di andare a scuola o episodi di enuresi non devono essere condannati o puniti, ma accolti come espressione del disagio.
  • Paura e ansia: i bambini possono sentirsi più esposti agli eventi difficili della vita se percepiscono che i genitori sono troppo assorbiti nelle vicende relative alla separazione, per cui potrebbero comparire paure che prima non c’erano, forte difficoltà a separarsi dai genitori per andare a scuola o per svolgere altre attività o enfatizzazione di emozioni negative. Possono anche temere che il genitore che si trasferisce non torni più, soprattutto se non vengono definite dai genitori, prima, e comunicate ai bambini, dopo, le nuove regole delle routine quotidiane. Gli adolescenti possono inibire le attività esplorative e rallentare la conquista dell’autonomia.

Come comunicare la separazione ai propri figli?

 

Non esistono parole giuste o sbagliate in assoluto, ma modalità e strategie comunicative più funzionali, in linea con le caratteristiche del bambino e del genitore. Ne seguono alcune:

  • Comunicare in modo chiaro e semplice. Dire la verità non vuol dire dilungarsi in spiegazioni e dettagli che sarebbero di difficile comprensione per chi non ha esperienza di relazioni di coppia. L’esposizione dei figli al conflitto e ai particolari superflui può generare angoscia o preoccupazione verso i genitori ed eccessiva responsabilizzazione nei loro confronti. È sempre necessario specificare che la scelta di dividersi non dipende dai figli, che non è colpa loro e che entrambi i genitori non smetteranno di prendersi cura di loro.
  • Comunicare in modo congiunto (tranne nei casi di conflittualità elevata), evitando che il bambino possa essere esposto a “versioni diverse” dei fatti accaduti. Anche se, verosimilmente, uno dei due adulti sta subendo la scelta dell’altro, i figli devono avere chiaro che queste questioni riguardano gli adulti, che in quanto tali le gestiranno. Si riporta a scopo esemplificativo il caso di M., unicogenito di anni 6. Il papà gli ha raccontato che il lavoro lo porterà spesso via di casa e, per questo, si vedranno solo in alcuni weekend. La mamma, invece, gli ha raccontato che il papà non vuole più vivere con loro perché hanno litigato. In questa situazione, in cui la separazione è attribuita sia all’esterno (il padre che utilizza il lavoro come motivazione della sua assenza da casa) che all’interno (la madre che colpevolizza il padre), il bambino ha mostrato i primi segnali di disagio, “impedendo” alla mamma di andare al lavoro, attraverso manifestazioni di intensa ansia da separazione e pianto inconsolabile. È necessario differenziare le proprie emozioni da quelle dei figli e poter condividere con loro una versione “univoca” dei motivi della scelta.
  • Comunicare la nuova organizzazione – I bambini devono essere informati su tempi e modi secondo cui uno dei due genitori si trasferirà e sulla nuova abitazione. Poter collocare i genitori in un luogo fisico dà sicurezza ai bambini, tanto più quanto più sono piccoli. Tutte le novità della situazione, come anche le abitudini che resteranno inalterate, vanno necessariamente concordate prima tra i genitori e, quindi, comunicate ai figli. Poter prevedere le situazioni consente ai bambini di sentirsi protetti e di avere senso di stabilità. I cambiamenti improvvisi e imprevedibili generano senso di precarietà, confusione e ansia.
  • Prepararsi alla domanda “perché vi lasciate? – Si può offrire una motivazione generica sulla realtà dei fatti, come il non andare più d’accordo. Per i figli la priorità non è quella di attribuire colpe e responsabilità a uno dei due genitori, ma quella di capire cosa accadrà nel loro futuro ed essere rassicurati sul fatto che i ruoli genitoriali non cambieranno, come non cambierà il loro essere figli.
  • E se è presente un nuovo partner? Come e quando comunicarlo? Spesso si pensa di agire in modo protettivo verso i figli, nascondendo il nuovo partner anche per anni o, al contrario, presentandolo in tempi brevi, magari come “amico/a” di mamma o papà: in entrambi i casi si rischia di dimenticare che i bambini e i ragazzi sono i più grandi rivelatori di verità! È fondamentale che la notizia di un nuovo partner segua un periodo in cui i figli abbiano potuto sperimentare una coppia genitoriale “separata” e abbiano quindi potuto integrare nella propria esperienza di vita il nuovo assetto familiare. È importante, inoltre, ricordare che il bambino o l’adolescente non devono essere forzati ad accettare il nuovo partner, i suoi eventuali figli o futuri fratelli come membri della famiglia. Il fatto che l’adulto ritenga positiva la nascita di nuovi legami e di nuove realtà familiari non implica che i figli lo percepiscano allo stesso modo. L’adattamento richiede un tempo e ogni relazione non può essere data per scontata.
  • Comunicare alla scuola la separazione? Trattandosi del secondo contesto di riferimento (sociale e affettivo) per bambini e ragazzi, la scuola dovrebbe tendenzialmente essere informata circa la separazione coniugale, anche perché potrebbero verificarsi un calo temporaneo del rendimento scolastico o delle fluttuazioni dell’umore. È comprensibile che alcuni adulti non riescano a condividere la notizia, per timore del giudizio o per non dover riferire un vissuto doloroso. Tuttavia, questa comunicazione potrebbe offrire ai figli uno spazio di contenimento emotivo sicuro e ai genitori un monitoraggio su eventuali segnali di disagio emotivo-comportamentali che si verificano al di fuori del contesto familiare.

Per concludere:

  • Comunicare ai figli la separazione è il primo passaggio necessario per garantire il benessere dei bambini e per l’avvio di un percorso di costruzione della co-genitorialità.
  • I figli non sono responsabili, a nessun livello, della separazione: tenere in mente questo pensiero ci permette di tutelarli e tenerli fuori da pericolosi schieramenti.
  • I figli non sono “ambasciatori” di comunicazioni dall’uno all’altro genitore, né di informazioni, poiché rimarrebbero intrappolati nella paura di tradire l’uno o l’altro genitore, sia accettando che rifiutando di farlo.
  • Nascondere le proprie emozioni non protegge i figli dalla sofferenza; l’importante è che essi sperimentino che i genitori siano in grado di regolare le proprie emozioni spiacevoli e le loro.
  • Chiedere aiuto per sé stessi e per poter essere d’aiuto ai figli non è mai una sconfitta, ma una risorsa per il benessere della relazione genitore-bambino.

Vi suggerisco qualche testo da leggere insieme ai vostri bambini:

  • Io non mi separo (2012) di Beatrice Masini, Ediz. Carthusia.
  • Mi chiamo Nina e vivo in due case (2017) di Marian De Smet, Ediz. Clavis.
  • Il mare di Amì. Storia di una famiglia che cambia nel mare della vita (2014) di Ilaria Marchetti e Costanza Duina, Ediz. Morellini.
  • Sotto il temporale. Fiabe-ombrello per famiglie in trasformazione (2013) di Manuela Mareso, Ediz. EGA-Edizioni Gruppo Abele.
  • Il buco (2016) di Anna Llenas, Ediz. Gribaudo.
  • Ti voglio bene anche se… (2014) di Debi Gliori, Ediz. Mondadori.

Articolo a cura di Francesca De Lorenzo Psicologa Psicoterapeuta Psicologa, ad indirizzo sistemico-relazionale, Terapeuta EMDR.

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